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Di seguito si riporta solo un articolo che trovi all'interno di Braille News n. 17 del 25/04/2020

(articolo de il Tempo)

La capitano medico romana che ha riaperto gli ambulatori nel Lodigiano

Da piccola invece di provare il rossetto e i tacchi della mamma davanti allo specchio indossava il cappello del papà carabiniere. Voleva diventare un medico militare come il padre e c’è riuscita. Ma infilarsi la mimetica sotto una tuta da astronauta per andare a curare i malati di Coronovirus a Codogno, negli ambulatori rimasti orfani dei medici di famiglia, e i vecchietti nelle Rsa, la più sanguinosa trincea italiana di una pandemia mondiale, questo non l’avrebbe mai immaginato neanche la bambina visionaria e volitiva che è stata.

«Sono partita sei settimane fa da Roma con il primo contingente di medici e infermieri militari inviato nel Lodigiano per evitare il collasso sanitario sul territorio e sono tornata alla base, nella caserma della città militare della Cecchignola dove presto servizio» racconta Lucia Fallo, 30 anni, capitano dell’Esercito e ufficiale medico dirigente del servizio sanitario del 6° Genio Pionieri, il reggimento che ha riaperto la viabilità ad Amatrice, e c’era anche lei, appena destinata.

Il 9 marzo "taskata" per Codogno, a febbraio era appena rientrata dalla missione in Afghanistan. «Mi sono rimessa la mimetica, con la medaglietta della Madonna di Lourdes che mi ha regalato la nonna del mio ragazzo e che porto sempre con me, e sono partita insieme con i miei colleghi medici e infermieri delle forze armate, siamo andati a dare supporto ai medici del territorio stremati, altri si erano ammalati o erano in quarantena, e purtroppo abbiamo sostituito quelli che sono venuti a mancare. Ci siamo inseriti in un vuoto importante, impegnati nelle guardie mediche, negli ambulatori di medicina generale, e nelle Rsa, piene soprattutto di anziani». Per capire cose stesse succedendo è bastata un’occhiata. «A Codogno - racconta il capitano Fallo - ho trovato una situazione inimmaginabile. Ci ha accolto una città fantasma, le misure restrittive sono state recepite alla lettera, e questo ci ha aiutato ad abbassare il coefficiente di difficoltà sul lavoro: dare supporto ai medici del Lodigiano sfiniti. Abbiamo toccato con mano l’emergenza fin da subito. Negli ambulatori abbiamo visitato e prescritto farmaci ad anziani e persone che ne avevano bisogno, garantendo la continuità assistenziale che non era più scontata. E abbiamo visitato anche persone sospette Covid che, rimaste senza il loro medico di famiglia, si sono rivolti a noi per essere visitati, essendo i numeri Asl e verdi intasati per le numerose chiamate. Noi abbiamo visitato tutti e impostato terapie, siamo stati il filtro con il pronto soccorso degli ospedali a rischio collasso». Le richieste d’aiuto, tantissime. «A Caselle Landi non appena arrivata c’erano già venti persone in fila». E poi le Rsa, la trincea più dura. «A Codogno ho avuto anche 56 anziani con metà positivi, ogni giorno ho letto la paura negli occhi di queste persone rimaste sole, con le strutture blindate all’esterno, e i nostri cellulari incellofanati aperti alle telefonate dei parenti terrorizzati che chiedevano notizie dei propri cari. Noi abbiamo cercato di tranquillizzare, non solo con le parole, ma con una presenza concreta e attenta. Anche noi abbiamo avuto paura ma come medici e militari siamo addestrati a controllarla e a trasformarla in continua attenzione senza mai abbassare la guardia. E il sorriso e il "grazie" di chi ce l’ha fatta alla fine ripaga di tutto».

Grazia Maria Coletti

Braille News edizione n. 17 del 25.04.2020 contattaci per ricevere la tua copia